Le prime pietre documentarie della casistica italiana degli Incontri Ravvicinati, nell’immediato dopoguerra, furono notoriamente rappresentate, in assenza di organismi specificamente dediti allo studio della materia, dalle singole testimonianze raccolte da riviste di cultura e quotidiani, i cui resoconti e commenti, consegnati alla memoria storica, avrebbero successivamente consentito di ricostruire gli eventi più significativi in tale contesto verificatisi, quelli cioè collegati alle manifestazioni degli occupanti dei dischi, all’epoca recepiti dall’immaginario collettivo come i marziani.
Si trattava tuttavia di reportage che, per quanto completi ed obiettivi potessero essere nei contenuti, erano regolarmente redatti all’insegna di un interesse perlopiù folcloristico o di mera curiosità verso gli strani accadimenti, sovente presentati nella cornice ironico bonaria delle celebri tavole di copertina di Walter Molino, e di altri disegnatori- ed in quanto tali non certamente spia di un’insorgente consapevolezza ufologica del giornalismo italiano dell’epoca, conditio peraltro cui quest’ultimo a ben cinquant’anni di distanza è ancora ben lungi dal pervenire, contraddistinto com’è a tal riguardo, in sin troppi casi, da malafede, trivialità ed indecorosi baciapilismi nei confronti dell’ideologia dominante, e quindi vittima più in generale di una vera caduta di stile rispetto ad un modello che per quanto naive, era in fin dei conti genuino.
Lo spazio generosamente concesso alla casistica ufologica relativa ai contatti ravvicinati con entità sconosciute, dipendeva così in toto dalla possibilità prettamente fortuita degli organi di stampa di venire a conoscenza di tali eventi tramite le persone medesime che di essi erano state dirette protagoniste, le quali però, comprensibilmente -pur disponendo talvolta di testimonianze collaterali o di elementi concreti a supporto della veridicità della propria esperienza di faccia a faccia con l’incredibile, non sempre se la sentivano di arrischiare di esporre il proprio nome ad una dubbia fama data da pubblica incredulità e derisione.
Ciononostante taluni casi furono egregiamente esposti, ricevendo molta popolarità, come quelli di Fara di Cigno (’48), Abbiate Guazzone (’50), San Piero a Vico (’52) Bernina (’52) e Cennina (’54). Altri invece subirono un iter più tormentato, vuoi perché precipitarono fatalmente nell’oblio della coscienza collettiva, dopo una loro prima ed approssimativa divulgazione, vuoi perché essi furono addirittura del tutto intenzionalmente taciuti per interi decenni dai protagonisti stessi - sino alla loro fortunosa riscoperta, avvenuta parecchi anni dopo, come ad esempio si ebbe rispettivamente con gli incontri di Renzo Pugina (Parravicino d’Erba,’54) e di Franco Premi (Cremona’54). Altri casi infine, come quello del pittore Johannis (Raveo,‘47), furono solo tardivamente divulgati, per via di un gioco sfavorevole di circostanze, indipendente dalla volontà del testimone.
E’ facile desumere come in un simile contesto dominato dall’aleatorietà della diffusione dell’informazione, la casistica ufficialmente nota su questi particolarissimi episodi fosse ben lungi dal rifletterne l’incidenza reale e complessiva nel nostro Paese, alla stregua di un iceberg, di cui si coglieva solo una minima parte in superficie.
La storia che in questa sede verrà ripercorsa è parte di questa indefinibile area sommersa di accadimenti, essendo anch’essa tardivamente e casualmente affiorata sulle censure per lungo tempo operate dal protagonista stesso, timoroso che il carattere sensazionale di tale vissuto, a stento accettato dalla propria stessa coscienza, ne avrebbe per sempre impedito una qualsivoglia forma di divulgazione.
Una lettera
Nel dicembre del ’90 un’insolita missiva giungeva alla sede del Coordinamento Nazionale di Gianfranco Neri [vedi fotografia]; in calce essa recava l’intestazione di un istituto ecclesiastico di Roma, il Centro Missionario Italiano dei Frati Minori Conventuali: l’autore era un frate di origine sarda, di nome Giuseppe Madau, all’epoca sessantenne, e da oltre quindici anni in missione nello Zambia. Precisando di avere trovato il recapito del CUN sul libro di R. Pinotti, UFO, Visitatori da Altrove, acquistato in occasione del proprio provvisorio rientro in Italia, per le festività natalizie, il religioso narrava di essere stato protagonista parecchi anni prima, nel settembre del’48, all’età di diciott’anni, di un clamoroso contatto ravvicinato con un UFO, avvenuto in pieno giorno nei pressi del proprio convento di Oristano, in Sardegna, nel corso del quale –per evidente azione del misterioso oggetto, egli era stato sollevato in aria per alcuni istanti, insieme ad un cane che si trovava nelle vicinanze.
A questa esperienza ufologica, continuava il Madau nel proprio scritto, ne seguì decenni più tardi, nel 1974, una seconda, di minore entità –si fa per dire: l’avvistamento sui cieli dello Zambia, di un enorme piattaforma cilindrica metallica, che affiancò per qualche istante l’aereo a bordo del quale egli si trovava, poco prima che avesse inizio la manovra di atterraggio.
Vi era la giustificata sensazione che si fosse in presenza di un caso di notevole spessore, soprattutto per ciò che riguardava l’episodio dell’incontro ravvicinato del ’48, trattandosi di un evento inedito risalente agli albori dell’era ufologica, caratterizzato da una così rilevante interazione fra il testimone ed un oggetto non identificato: oltretutto il primo del genere, in Italia, e non solo, nel quale un religioso fosse stato di prima persona coinvolto. Questa consapevolezza trovava conferma nella convinzione del protagonista stesso circa alcuni elementi della vicenda, del cui significato egli non riusciva bene a capacitarsi, e che, a sua detta, avrebbero necessitato di un debito approfondimento in sede di regressione ipnotica, esperienza che egli si diceva disposto ad affrontare malgrado l’avanzata età.
Ulteriori dettagli
Data l’esiguità del periodo entro il quale il religioso sarebbe stato reperibile, prima del proprio ritorno in Africa, Gianfranco Neri si affrettò ad inviare a questi una lettera contenente alcuni quesiti circa la dinamica dell’episodio in questione, alla quale poco dopo giunse una risposta.
A bordo della stranissima macchina, come era apparso l’oggetto volante in questione, agli occhi stupiti dell’allora giovane seminarista: un disco sormontato da una cupola trasparente, sospeso al di sopra di un albero, a poche decine di metri di distanza da lui- il Madau asseriva di avere constatato la presenza di due figure di aspetto estremamente simile all’uomo; agitato il braccio ad esse rivolto, in segno di saluto, queste avrebbero risposto!
Le entità, uscite quindi all’esterno, avrebbero invitato a gesti il giovane ad avvicinarsi al di sotto del disco, ma a fronte della sua manifesta riluttanza, sarebbero in breve rientrate a bordo. A questo punto la narrazione passava a descrivere il clou dell’evento: effettuata una strana manovra di mutamento del proprio assetto, l’oggetto avrebbe preso ad emettere strani fasci di luce di diverso colore, separati l’un l’altro per scomparire quindi di colpo dal campo visivo del testimone, il quale si sarebbe sentito improvvisamente sospeso in aria. Di lì a poco il seminarista avrebbe cominciato a recepire una crescente e non meglio precisata sollecitazione di tipo elettrico sul proprio cervello, sempre più fastidiosa e dolorosa: era come se esso venisse letteralmente scandagliato da qualcosa contro la quale egli nulla poteva. Sentendosi prigioniero di funi invisibili, e di una paura che in lui stava crescendo incontrollata, egli avrebbe preso a supplicare la Madonna, perché lo salvasse da quell’inaudita condizione, registrando poco dopo la voce chiara ed un po’ distaccata di una donna, echeggiante nella sua mente, la quale ingiungeva fermamente a qualcuno che egli venisse lasciato libero. Di lì a poco tutto sarebbe cessato, ed egli, insieme al cane, suo compagno di sventura, sarebbe stato lentamente adagiato a terra.
Dell’oggetto a questo punto non vi era più alcuna traccia, se non nel suo animo comprensibilmente incredulo e frastornato; rientrato in convento, e cercato di far parola ai propri compagni dell’incredibile accaduto, egli venne impietosamente zittito.
Così terminava la ricostruzione epistolare dell’episodio occorso nel lontano ‘48. Negli anni che seguirono l’ex seminarista, divenuto frate, tacque a lungo sulla propria incredibile esperienza, che dapprima, non avendo di fatto alcuna nozione di accadimenti ufologici, e quindi impossibilitato ad interpretarla in alcun modo, relegò in un angolo della propria memoria, archiviandola idealmente, sino a quando l’eco degli avvistamenti che andavano ripetendosi in tutto il mondo, e di cui egli apprendeva dai giornali, non operò in lui una prima sensibilizzazione. Ciononostante quasi ogni suo tentativo di aprirsi con terzi a tal riguardo dovette rivelarsi infruttuoso e solo raramente egli poté ricevere attenzione e credibilità. Venne poi il lungo periodo missionario nello Zambia, lontano dalla civiltà e dal mondo, ma paradossalmente fu proprio in quel contesto che si verificò la seconda esperienza ufologica della sua esistenza: l’avvistamento del grande oggetto cilindrico che procedeva a zig zag, di fianco al suo aereo, nascondendosi di volta in volta dentro le coltri nuvolose.
Alla luce dell’apparente impossibilità di un approfondimento dell’intera vicenda, data la pressoché continua assenza del frate missionario dall’Italia, le lettere furono archiviate e del caso rimase una vaga memoria nei pochi che di esse avevano a suo tempo preso visione; lo stesso Gianfranco Neri aveva, peraltro giustamente, sconsigliato il Madau dall’intraprendere la regressione ipnotica, e per l’avanzata età di questi, e per la continuità che un tale trattamento avrebbe richiesto.
[ via UfoOnline ]
Si trattava tuttavia di reportage che, per quanto completi ed obiettivi potessero essere nei contenuti, erano regolarmente redatti all’insegna di un interesse perlopiù folcloristico o di mera curiosità verso gli strani accadimenti, sovente presentati nella cornice ironico bonaria delle celebri tavole di copertina di Walter Molino, e di altri disegnatori- ed in quanto tali non certamente spia di un’insorgente consapevolezza ufologica del giornalismo italiano dell’epoca, conditio peraltro cui quest’ultimo a ben cinquant’anni di distanza è ancora ben lungi dal pervenire, contraddistinto com’è a tal riguardo, in sin troppi casi, da malafede, trivialità ed indecorosi baciapilismi nei confronti dell’ideologia dominante, e quindi vittima più in generale di una vera caduta di stile rispetto ad un modello che per quanto naive, era in fin dei conti genuino.
Lo spazio generosamente concesso alla casistica ufologica relativa ai contatti ravvicinati con entità sconosciute, dipendeva così in toto dalla possibilità prettamente fortuita degli organi di stampa di venire a conoscenza di tali eventi tramite le persone medesime che di essi erano state dirette protagoniste, le quali però, comprensibilmente -pur disponendo talvolta di testimonianze collaterali o di elementi concreti a supporto della veridicità della propria esperienza di faccia a faccia con l’incredibile, non sempre se la sentivano di arrischiare di esporre il proprio nome ad una dubbia fama data da pubblica incredulità e derisione.
Ciononostante taluni casi furono egregiamente esposti, ricevendo molta popolarità, come quelli di Fara di Cigno (’48), Abbiate Guazzone (’50), San Piero a Vico (’52) Bernina (’52) e Cennina (’54). Altri invece subirono un iter più tormentato, vuoi perché precipitarono fatalmente nell’oblio della coscienza collettiva, dopo una loro prima ed approssimativa divulgazione, vuoi perché essi furono addirittura del tutto intenzionalmente taciuti per interi decenni dai protagonisti stessi - sino alla loro fortunosa riscoperta, avvenuta parecchi anni dopo, come ad esempio si ebbe rispettivamente con gli incontri di Renzo Pugina (Parravicino d’Erba,’54) e di Franco Premi (Cremona’54). Altri casi infine, come quello del pittore Johannis (Raveo,‘47), furono solo tardivamente divulgati, per via di un gioco sfavorevole di circostanze, indipendente dalla volontà del testimone.
E’ facile desumere come in un simile contesto dominato dall’aleatorietà della diffusione dell’informazione, la casistica ufficialmente nota su questi particolarissimi episodi fosse ben lungi dal rifletterne l’incidenza reale e complessiva nel nostro Paese, alla stregua di un iceberg, di cui si coglieva solo una minima parte in superficie.
La storia che in questa sede verrà ripercorsa è parte di questa indefinibile area sommersa di accadimenti, essendo anch’essa tardivamente e casualmente affiorata sulle censure per lungo tempo operate dal protagonista stesso, timoroso che il carattere sensazionale di tale vissuto, a stento accettato dalla propria stessa coscienza, ne avrebbe per sempre impedito una qualsivoglia forma di divulgazione.
Una lettera
Nel dicembre del ’90 un’insolita missiva giungeva alla sede del Coordinamento Nazionale di Gianfranco Neri [vedi fotografia]; in calce essa recava l’intestazione di un istituto ecclesiastico di Roma, il Centro Missionario Italiano dei Frati Minori Conventuali: l’autore era un frate di origine sarda, di nome Giuseppe Madau, all’epoca sessantenne, e da oltre quindici anni in missione nello Zambia. Precisando di avere trovato il recapito del CUN sul libro di R. Pinotti, UFO, Visitatori da Altrove, acquistato in occasione del proprio provvisorio rientro in Italia, per le festività natalizie, il religioso narrava di essere stato protagonista parecchi anni prima, nel settembre del’48, all’età di diciott’anni, di un clamoroso contatto ravvicinato con un UFO, avvenuto in pieno giorno nei pressi del proprio convento di Oristano, in Sardegna, nel corso del quale –per evidente azione del misterioso oggetto, egli era stato sollevato in aria per alcuni istanti, insieme ad un cane che si trovava nelle vicinanze.
A questa esperienza ufologica, continuava il Madau nel proprio scritto, ne seguì decenni più tardi, nel 1974, una seconda, di minore entità –si fa per dire: l’avvistamento sui cieli dello Zambia, di un enorme piattaforma cilindrica metallica, che affiancò per qualche istante l’aereo a bordo del quale egli si trovava, poco prima che avesse inizio la manovra di atterraggio.
Vi era la giustificata sensazione che si fosse in presenza di un caso di notevole spessore, soprattutto per ciò che riguardava l’episodio dell’incontro ravvicinato del ’48, trattandosi di un evento inedito risalente agli albori dell’era ufologica, caratterizzato da una così rilevante interazione fra il testimone ed un oggetto non identificato: oltretutto il primo del genere, in Italia, e non solo, nel quale un religioso fosse stato di prima persona coinvolto. Questa consapevolezza trovava conferma nella convinzione del protagonista stesso circa alcuni elementi della vicenda, del cui significato egli non riusciva bene a capacitarsi, e che, a sua detta, avrebbero necessitato di un debito approfondimento in sede di regressione ipnotica, esperienza che egli si diceva disposto ad affrontare malgrado l’avanzata età.
Ulteriori dettagli
Data l’esiguità del periodo entro il quale il religioso sarebbe stato reperibile, prima del proprio ritorno in Africa, Gianfranco Neri si affrettò ad inviare a questi una lettera contenente alcuni quesiti circa la dinamica dell’episodio in questione, alla quale poco dopo giunse una risposta.
A bordo della stranissima macchina, come era apparso l’oggetto volante in questione, agli occhi stupiti dell’allora giovane seminarista: un disco sormontato da una cupola trasparente, sospeso al di sopra di un albero, a poche decine di metri di distanza da lui- il Madau asseriva di avere constatato la presenza di due figure di aspetto estremamente simile all’uomo; agitato il braccio ad esse rivolto, in segno di saluto, queste avrebbero risposto!
Le entità, uscite quindi all’esterno, avrebbero invitato a gesti il giovane ad avvicinarsi al di sotto del disco, ma a fronte della sua manifesta riluttanza, sarebbero in breve rientrate a bordo. A questo punto la narrazione passava a descrivere il clou dell’evento: effettuata una strana manovra di mutamento del proprio assetto, l’oggetto avrebbe preso ad emettere strani fasci di luce di diverso colore, separati l’un l’altro per scomparire quindi di colpo dal campo visivo del testimone, il quale si sarebbe sentito improvvisamente sospeso in aria. Di lì a poco il seminarista avrebbe cominciato a recepire una crescente e non meglio precisata sollecitazione di tipo elettrico sul proprio cervello, sempre più fastidiosa e dolorosa: era come se esso venisse letteralmente scandagliato da qualcosa contro la quale egli nulla poteva. Sentendosi prigioniero di funi invisibili, e di una paura che in lui stava crescendo incontrollata, egli avrebbe preso a supplicare la Madonna, perché lo salvasse da quell’inaudita condizione, registrando poco dopo la voce chiara ed un po’ distaccata di una donna, echeggiante nella sua mente, la quale ingiungeva fermamente a qualcuno che egli venisse lasciato libero. Di lì a poco tutto sarebbe cessato, ed egli, insieme al cane, suo compagno di sventura, sarebbe stato lentamente adagiato a terra.
Dell’oggetto a questo punto non vi era più alcuna traccia, se non nel suo animo comprensibilmente incredulo e frastornato; rientrato in convento, e cercato di far parola ai propri compagni dell’incredibile accaduto, egli venne impietosamente zittito.
Così terminava la ricostruzione epistolare dell’episodio occorso nel lontano ‘48. Negli anni che seguirono l’ex seminarista, divenuto frate, tacque a lungo sulla propria incredibile esperienza, che dapprima, non avendo di fatto alcuna nozione di accadimenti ufologici, e quindi impossibilitato ad interpretarla in alcun modo, relegò in un angolo della propria memoria, archiviandola idealmente, sino a quando l’eco degli avvistamenti che andavano ripetendosi in tutto il mondo, e di cui egli apprendeva dai giornali, non operò in lui una prima sensibilizzazione. Ciononostante quasi ogni suo tentativo di aprirsi con terzi a tal riguardo dovette rivelarsi infruttuoso e solo raramente egli poté ricevere attenzione e credibilità. Venne poi il lungo periodo missionario nello Zambia, lontano dalla civiltà e dal mondo, ma paradossalmente fu proprio in quel contesto che si verificò la seconda esperienza ufologica della sua esistenza: l’avvistamento del grande oggetto cilindrico che procedeva a zig zag, di fianco al suo aereo, nascondendosi di volta in volta dentro le coltri nuvolose.
Alla luce dell’apparente impossibilità di un approfondimento dell’intera vicenda, data la pressoché continua assenza del frate missionario dall’Italia, le lettere furono archiviate e del caso rimase una vaga memoria nei pochi che di esse avevano a suo tempo preso visione; lo stesso Gianfranco Neri aveva, peraltro giustamente, sconsigliato il Madau dall’intraprendere la regressione ipnotica, e per l’avanzata età di questi, e per la continuità che un tale trattamento avrebbe richiesto.
[ via UfoOnline ]